La prima domenica di marzo. C’è il sole, la temperatura è alta. Primoz Roglic ha conquistato l’UAE Tour nel Golfo Persico, tra qualche ora inizieranno le classiche del nord con la Omloop Het Nieuwsblad e forse è ormai tempo anche per noi di iniziare a testare qualche salita vera. Il programma è questo: ripercorrere un pezzo del tracciato del Giro 100 e de IlLombardia 2017. Partiamo sul tardi in direzione Bergamo, troveremo un’area di parcheggio dove lasciare la macchina e poi inizieremo il nostro giro tra le valli Imagna, Brembilla, Seriana, Serina e Brembana. Umberto – che su queste strade ci è già stato – mi dice che possiamo andare prima a Berbenno oppure saltare la prima salita e andare direttamente verso Miragolo, io non ho gambe ma le salite mi piacciono e quindi decidiamo di iniziare subito con un po’ di dislivello. Partiamo bene, l’aria è calda e il traffico sulla statale è tranquillo. Pochi kilometri e prendiamo la deviazione a destra per la Valle Imagna, sempre meno macchine e la sensazione sempre più forte di aver fatto la scelta giusta. La strada comincia a salire. Saranno circa 6.5 km con una pendenza media del 5% circa e punte appena sopra l’8%, nulla di impossibile ma è meglio non sottavalutarla. Io poi faccio sempre un po’ fatica a capire cosa e quanto mangiare prima di un’uscita che implica un trasferimento in auto. Pensavo di sgranocchiare qualcosa appena prima di salire in bici ma non l’ho fatto e un po’ me ne pento. Umberto è reduce da un sabato pomeriggio tirato a medie altissime, un sabato sera di festeggiamenti, ciononostante mi lascia indietro, ma almeno questa sua condizione decisamente non ideale, fa sì che non debba aspettarmi troppo una volta in cima. Breve sosta, bevo e mangio mezza barretta. Si scende verso Zogno in perfetta solitudine, la strada tutta in ombra ci riempie di umidità, in compenso il paesaggio è splendido. Le rocce sulla nostra sinistra, il corso d’acqua alla nostra destra e anche qui traffico inesistente. Arrivati a Zogno, dribbliamo qualche auto e ci dirigiamo verso l’inizio della salita di Miragolo, protagonista sia al Giro che al Lombardia. Qui le cose si fanno serie: circa 9 km, pendenza media sopra il 7% e punte sopra l’11%. Parto piano, un po’ più lento di quello che le mie gambe al momento potrebbero suggerire. Ma io già so che non reggerò a lungo e devo cercare di limitare i danni. Le case si diradano in fretta, poi è solo paesaggio. Arrivo ad un tornante, una casa praticamente aperta, una macchina parcheggiata, una radiolina trasmette una canzone che potrebbe essere “Una chitarra, cento illusioni” di Mino Reitano, su un muro è appeso un bilanciere con i pesi fatti in cemento. Tutt’intorno solo il silenzio delle valli bergamasche. Sono stanco e comincio a guardare troppo spesso il computerino. Resisto ancora un po’, ma a due kilometri dall cima devo fermarmi a respirare. Metto giù il piede, bevo un sorso di sali minerali. aspetto 30 secondi e mi rimetto in sella. So che non manca molto, ma questi ultimi metri li sentirò tutti. Dopo l’ultima curva intravedo la sagoma di Umberto che mi sta aspettando. Pausa. 5 min. Il tempo di bere ancora, di mangiare una barretta, una foto, e poi giù verso Selvino. Dopo qualche centinaio di metri, abbiamo appena iniziato la discesa e si sente un rumore metallico. SDENG! Umberto è davanti a me e penso abbia preso una botta al deragliatore, invece no, gli si è rotto un raggio della ruota anteriore. Ci fermiamo per capire meglio. La ruota è scampanata, il raggio saltato ha modificato – ovviamente – la tensionatura della ruota. Per poter girare senza sfregamenti deve tenere il pattino del freno aperto. Siamo esattamente dalla parte opposta del nostro giro. Con molta cautela ci rimettiamo in marcia, la ruota nonostante tutto sembra tenere. L’idea è di scendere verso Selvino, affrontare l’ultima salita e poi andare tranquillamente giù per gli ultimi tornanti fino a raggiungere la pianura, la statale e quindi la macchina verso casa. La discesa è abbastanza ripida, ma non essendo molto lunga riusciamo ad arrivare al bivio per Selvino senza perdere troppo tempo. Ci aspettano gli ultimi 5 km di salita e poi finalmente una pausa ristoro come si deve. Sono quasi le due e un po’ di fame comincia a farsi sentire. Incrociamo un paio di ciclisti sulla salita, il primo abbastanza baldanzoso ci supera. Il secondo resta indietro per qualche metro, poi anche lui si fa sotto e mi supera senza difficoltà. Vista l’età (avrà il doppio dei miei anni quasi!) per un attimo mi faccio prendere dallo sconforto, poi intravedo un tubo obliquo dalla sezione assai generosa e mi rendo conto che è una Bianchi elettrica, e un po’ mi tranquillizzo. Umberto al solito mi aspetta in cima alla salita, ormai ci siamo, dobbiamo solo cercare qualcosa da mangiare. Incrociamo la “Casa del Contadino” e ci fermiamo. Panino enorme, qualche patatina e una coca. La stanchezza si fa sentire, piano piano anche il sole sta scendendo ed è tempo di rimettersi in sella. Scendiamo per i meravigliosi tornanti della SP36 che ad ogni curva ricordano un ciclista della zona. Umberto si dimentica della sua ruota acciaccata e scende alla solita (folle) velocità. Arrivati a Nembro quello che ci aspetta è la statale, tutta dritta fino al parcheggio di Mapello dove abbiamo lasciato l’auto. Siamo davvero stanchi, ma appena il vento ci concede una tregua, spingiamo ancora un rapporto decente. Ancora qualche cavalcavia e poi finalmente lo spiazzo di cemento, la macchina parcheggiata. Abbiamo sfiorato i 90 km e un dislivello di 1565 mt. Tutto sommato non male come prima uscita stagionale.